«Partire dall’interesse nazionale. Non faremo da soli»- Corriere.it

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di Marco Cremonesi

La prima uscita a Milano, gli applausi al villaggio di Coldiretti. «Restituiremo alla nazione una strategia industriale»


La visione di Giorgia. La vincitrice delle elezioni viene accolta come una regina da Coldiretti e, va detto, lei non sbaglia un colpo: i contenuti sono giusti, il tono pure. E così, alla sua prima uscita dopo il voto che l’ha proiettata verso Palazzo Chigi, è apoteosi. Al punto che spesso è difficile capire cosa dica a causa dei «Giorgia, Giorgia». Al punto che ci si può dimenticare che a Milano il Pd resta primo partito. Lei offre alla confederazione degli agricoltori la sua visione per l’Italia a venire e loro approvano forte.

La accoglie «A mano a mano» nella versione da pelle d’oca di Rino Gaetano. Blazer blu e sneakers bianche, una tosse insistente, difficilmente la leader di FdI ha riposato nelle ultime settimane. Ma davanti a una platea atterrita dalle bollette e dai prezzi di materie prime e fertilizzanti, sa che cosa dire. Dice di essere già al lavoro sui dossier più pressanti «in costante contatto con il governo uscente, impegnato in una trattativa difficile per trovare soluzioni a livello europeo». E qui arriva la visione sull’Europa, che parte dal maxi fondo da 200 miliardi della Germania: «Quando segnalavamo che nella Ue si parte dalla difesa dell’interesse nazionale per arrivare a soluzioni comuni, lo dicevamo non perché eravamo populisti, ma perché eravamo lucidi».

Se il «grande obiettivo» è quello di modificare «il rapporto tra Stato e cittadini e tra Stato e imprese», il primo comandamento è «Non disturbare. Non disturbare chi vuole fare, creare ricchezza, produrre lavoro». Si dovrà «restituire a questa nazione una strategia industriale» e in questo non si potrà prescindere «dai nostri elementi più identificativi nel mondo». In ogni caso, Meloni non promette quello che non intende mantenere, ed è un promemoria anche per Matteo Salvini: «Se pensiamo di continuare a compensare il costo delle bollette per regalare soldi alla speculazione, noi facciamo un errore. Il tema è come fermare questa speculazione». La platea si sente dire in faccia che non ci sarà nuovo debito pubblico per alleggerire le bollette: «Comunque vada, la soluzione impatterà sulle nostre bollette tra qualche mese».

L’applauso esplode quando promette «battaglia con molta forza al Nutriscore, l’etichetta semaforo» che è in discussione a Bruxelles e a «tutto quello che potrebbe nuocere a un prodotto di eccellenza». Poi, è di nuovo tempo di visione politica, ed è la parte più densa del discorso di Meloni. Punto di partenza, la «sovranità alimentare». L’espressione non è di Meloni, ma del presidente di Coldiretti Ettore Prandini, che l’aveva proposta venerdì anche a Matteo Salvini. La presidente di FdI non ci mette molto a farla sua: «È il tema focale, e passa per un approccio pragmatico alle catene di approvvigionamento». Spiega Meloni: «Ci hanno raccontato per qualche decennio che il libero commercio senza regole avrebbe risolto automaticamente tutti i problemi. La globalizzazione avrebbe reso tutti più ricchi, democratizzato i sistemi meno democratici e tutto sarebbe andato bene. Non è andata così». E dunque bisogna «fare i conti con l’accaduto: la ricchezza si è concentrata verso l’alto, le autocrazie hanno guadagnato campo nel mondo e ci siamo indeboliti noi. Perché abbiamo scelto di non controllare quello che era necessario controllare. E se dipendi da tutti per tutto, vuol dire che il tuo destino è legato a cose che non puoi controllare. Se dici che puoi anche fare da solo, sei autarchico?

No. Ma devi controllare le catene di approvvigionamento, altrimenti sei in balia degli eventi».

Infine, la promessa: «Non intendiamo fare da soli. Io credo nei corpi intermedi, credo nella serietà di chi le materie le vive ogni giorno, mai creduto che la politica possa dare la risposta migliore su qualsiasi materia. La politica deve avere l’umiltà di chiedere quali possano essere le soluzioni migliori». Prandini, uomo che non gira intorno alle questioni, è scintillante. Non prova a simulare distanza dall’interlocutrice politica: «Il nostro rapporto con il centrodestra parte da un confronto costante». Poi, chiede che le competenze per il suo comparto non siano «spezzettate in mille ministeri», dice che «in Europa abbiamo un nemico che si chiama Timmermans», il commissario per il Clima e il green deal, che sostiene il «cibo sintetico», che nasce «da uno degli ambiti più violentemente speculativi» che esistano. Quindi, chiede che «il Pnrr non vada ai Comuni, che non sapranno come spenderlo« e se la prende con la Ue «degli egoismi, con l’Olanda e la Germania che stanno creando un meccanismo di egoismo e di concorrenza sleale».

Finiti i discorsi, Giorgia Meloni va a firmare la petizione mondiale promossa da numerose associazioni agricole per fermare l’arrivo del cibo sintetico. Ma dato che il «Villaggio Coldiretti» è soprattutto una grande festa popolare che con i suoi stand di prelibatezze si estende per buona parte del parco Sempione, le ci vuole parecchio tempo. I supporter la circondano, la commentano, la salutano con cori quasi ininterrotti. Di sicuro, è luna di miele.

1 ottobre 2022 (modifica il 1 ottobre 2022 | 23:14)



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Marco Cremonesi , 2022-10-01 20:21:32 ,

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